Il Vangelo di questa domenica è bellissimo e ricco di tanti spunti, ma questa volta vorrei soffermarmi sulla prima lettura – dagli Atti degli Apostoli – nella quale Pietro pronuncia questa frase: «Bisogna obbedire a Dio invece che agli uomini».
Nella vita religiosa e sacerdotale l’obbedienza ha una grandissima importanza e in passato l’aveva anche per tutto il resto del popolo di Dio, ma oggi questo valore è sempre meno considerato e il magistero del Papa e dei vescovi è ritenuto vincolante da un numero sempre più ristretto di fedeli.
Le persone oggi sono molto gelose della propria autonomia, oltre che consapevoli dei limiti che le autorità non devono oltrepassare. Sembra si sia realizzato nei fatti il titolo di un libro che nel 1965 fece scalpore: “L’obbedenza non è più una virtù”. Eppure l’obbedienza è un valore fondamentale sia nell’Antico che nel Nuovo Testamento, ma bisogna capirlo bene.
Prima di tutto l’obbedienza presuppone la libertà (e quindi la capacità di dire no). Solo dopo aver reso libero il suo popolo Dio offre la sua alleanza e l’obbedienza è proprio il modo in cui questa si realizza: «Quanto il Signore ha detto noi lo faremo e lo ascolteremo» (Es 24,7). L’obbedienza esprime il rapporto della creatura con Dio e dei figli col Padre e il fine è aderire pienamente alla sua volontà di salvezza.
Per il Nuovo Testamento l’obbedienza cristiana trova il suo modello nell’obbedienza di Cristo: «Per l’obbedienza di uno solo, tutti saranno costituiti giusti» (Rom 5,19). «Cristo umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte» (Fil 2,8). «Cristo imparò l’obbedienza dalle cose che patì» (Eb 5,8). Perciò l’obbedienza cristiana dev’essere obbedienza da figli, non da servi: deve condurre alla libertà dei figli di Dio. È dono carismatico, non uno sforzo umano: diventa possibile solo in virtù dell’azione dello Spirito Santo che conduce il credente a viverla non in modo legalistico, ma come risposta. Infatti l’ascoltare, inteso nel senso di percepire la volontà di Dio, si realizza veramente solo quando l’uomo, con la fede e l’azione, obbedisce a quella volontà. L’obbedire (obaudire) nasce dall’ascoltare (audire) la voce dello Spirito.
Alla luce di questa obbedienza fondamentale, si possono comprendere, accettare e vivere le altre obbedienze mediatrici della volontà di Dio. Quali sono queste mediazioni?
Prima di tutto esiste una “obbedienza creaturale”: al proprio corpo, all’eredità familiare e culturale, ai propri limiti. Inoltre, siamo inseriti in una cultura di cui si deve tener conto: non è un assoluto, ma dobbiamo realizzare la volontà di Dio nel tempo e nel luogo in cui ci ha posti a esistere perché non siamo puri spiriti disincarnati. Poi ci sono le autorità ecclesiastiche, le dottrine teologiche, le regole monastiche, i riti e tutte le altre mediazioni che devono condurre a Dio e a comprendere e compiere la sua volontà: tutte sono sottoposte al criterio del Vangelo.
In rapporto alle altre persone, l’obbedienza è sempre una rinuncia ad affermare la propria volontà e talvolta perfino i propri bisogni: è mettere da parte il proprio io a favore del noi (non del voi).
Quanto sono obbedienti i genitori nei confronti dei figli e delle loro giuste esigenze! Quanto sono obbedienti le persone che si prendono cura degli altri… Mentre molti in questo mondo desiderano il potere, la possibilità di comandare, i cristiani cercano di essere obbedienti alla voce di Dio e ai bisogni dei fratelli, specialmente di quelli che non hanno la forza per rivendicare i propri diritti.
Meditazione 3^ domenica di Pasqua 04/05/2025
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