Pochi giorni fa Papa Francesco ha pubblicato un’enciclica, la sua quarta, che potrebbe essere benissimo un commento al Vangelo di questa domenica. Il Vangelo ci presenta infatti il duplice comandamento dell’amore a Dio e al prossimo, e Dilexit nos parla della devozione al Sacro Cuore di Gesù, simbolo dell’amore di Dio manifestato in Cristo. Scoprire e comprendere questo amore è indispensabile: non si può adempiere il comandamento dell’amore se prima non crediamo di essere amati da Dio.
Provo a riportare alcune frasi dell’enciclica secondo un certo ordine per illustrare questa idea.
Il primo passo è scoprire che Dio non si rivolge a tutti in generale, ma a ciascuno, a me: ogni credente «capisce di essere il “tu” di Dio […]. Accettare la sua amicizia è una questione di cuore e ci costituisce come persone nel senso pieno del termine» (25).
Il secondo consiste nel credere che davvero io sono amato da lui: «San Paolo, quando cercava le parole giuste per spiegare il suo rapporto con Cristo, disse: “Mi ha amato e ha consegnato se stesso per me” (Gal 2,20)» (46). Questo lo comprendiamo leggendo e meditando – col cuore – il Vangelo nel quale Gesù non parla molto di amore, ma lo manifesta con le sue azioni, riassunte nel secondo capitolo dell’enciclica.
A questo punto nasce l’amore come risposta all’amore: «È la nostra risposta al Cuore amante di Gesù Cristo che ci insegna ad amare» (183).
Questa risposta è prima di tutto interiore: se nel suo spirito «regna l’amore, la persona raggiunge la propria identità in modo pieno e luminoso, perché ogni essere umano è stato creato anzitutto per l’amore, è fatto nelle sue fibre più profonde per amare ed essere amato» (21). «Amando, una persona sente di sapere perché e a che scopo vive. Così tutto confluisce in uno stato di connessione e di armonia» (23).
Questo senso di unità interiore, di armonia, chiede di manifestarsi all’esterno: «Non raggiungiamo la nostra piena umanità se non usciamo da noi stessi, e non diventiamo completamente noi stessi se non amiamo» (59). Questa “uscita da se stessi” chiede di tradursi in scelte concrete, ma anche qui «non basta conoscere il Vangelo né fare meccanicamente ciò che esso ci comanda. Abbiamo bisogno dell’aiuto dell’amore divino» (30) perché «l’amore per i fratelli non si fabbrica, non è il risultato di un nostro sforzo naturale, ma richiede una trasformazione del nostro cuore egoista.
Nasce allora spontaneamente la supplica: “Gesù, rendi il nostro cuore simile al tuo”. Per questo stesso motivo, l’invito di San Paolo non era: “Sforzatevi di fare opere buone”. Il suo invito era precisamente: “Abbiate tra voi gli stessi sentimenti di Cristo Gesù” (Fil 2,5)» (168).
A questo proposito Papa Francesco nel quarto capitolo della sua enciclica riporta molte citazioni di santi; tra questi anche San Bernardo, il quale «riteneva che fosse possibile una trasformazione dell’affettività […] che non si libera con la cieca obbedienza a un comando, ma in una risposta alla dolcezza dell’amore di Cristo» (177).
Tutto questo si concretizza in modo specifico per ciascuno: «Il cuore credente ama, adora, chiede perdono e si offre di servire nel luogo che il Signore gli dà da scegliere per seguirlo» (25).
«Egli ti manda a diffondere il bene e ti spinge da dentro. Per questo ti chiama con una vocazione di servizio: farai del bene come medico, come madre, come insegnante, come sacerdote.
Ovunque tu sia, potrai sentire che Lui ti chiama e ti manda a vivere questa missione sulla terra.
Egli stesso ci dice: “Vi mando” (Lc 10,3). Questo fa parte dell’amicizia con Lui. Perciò, affinché tale amicizia maturi, bisogna che ti lasci mandare da Lui a compiere una missione in questo mondo, con fiducia, con generosità, con libertà, senza paure. Se ti chiudi nelle tue comodità, questo non ti darà sicurezza, i timori, le tristezze, le angosce appariranno sempre. Chi non compie la propria missione su questa terra non può essere felice, è frustrato» (215).
«Vorrei aggiungere che il Cuore di Cristo ci libera allo stesso tempo da un altro dualismo: quello di comunità e pastori concentrati solo su attività esterne, riforme strutturali prive di Vangelo, organizzazioni ossessive, progetti mondani, riflessioni secolarizzate, su varie proposte presentate come requisiti che a volte si pretende di imporre a tutti. Ne risulta spesso un cristianesimo che ha dimenticato la tenerezza della fede, la gioia della dedizione al servizio, il fervore della missione da persona a persona, l’esser conquistati dalla bellezza di Cristo, l’emozionante gratitudine per l’amicizia che Egli offre e per il senso ultimo che dà alla vita personale» (88).
Meditazione 31^ domenica del tempo ordinario 03/11/2024
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