I pochi versetti del Vangelo di questa domenica sono tratti dal capitolo 10 del Vangelo secondo Giovanni: il discorso detto del “buon pastore”. Li leggiamo pochissimi giorni dopo l’elezione del nuovo Papa che viene anche chiamato pastore della Chiesa universale. Ma da buon religioso agostiniano, Papa Leone ha subito citato le parole di Sant’Agostino: “Con voi sono cristiano, per voi sono vescovo”, come a dire che il pastore è uno solo, Gesù, e tutti, ma proprio tutti, siamo le sue pecore.
È vero che alcune di queste pecore ricevono l’incarico di servire il popolo di Dio annunciando la Parola, amministrando i sacramenti e governando la comunità, ma lo fanno – o dovrebbero farlo – assecondando la volontà di Dio, mai sostituendosi a essa. Perciò i pastori umani non dovrebbero essere troppo protagonisti: in questa nostra società delle immagini sono inevitabilmente sempre sotto i riflettori, ma nella loro guida si deve poter riconoscere la voce e la mano del Signore, di cui parla il Vangelo di oggi.
La voce di una persona è quella che comunica non solo le parole, il contenuto di un messaggio, ma anche i suoi sentimenti e le sue emozioni: quel che ama e quel che detesta, quello che teme e quello che desidera. Abbiamo bisogno non solo di sapere e capire il messaggio evangelico, ma anche di appassionarci a esso amandolo e desiderandolo. I pastori (umani) perciò non devono essere solo maestri, ma anche testimoni, per quanto possibile ai loro limiti.
La mano del pastore è quella che lavora e, quando occorre, difende le pecore dai pericoli. I pastori della Chiesa sono chiamati episcopi, cioè sorveglianti, perché devono controllare, vigilare a difesa del gregge, soprattutto dei più deboli. Se c’è qualcosa o qualcuno che danneggia in qualsiasi modo le persone, il pastore non può voltarsi dall’altra parte, non può far finta di niente.
Correggere, rimproverare e punire è forse la parte più faticosa e certamente la più antipatica del servizio dei pastori, ma è indispensabile. La misericordia è il più alto dei valori evangelici, ma non può essere applicato a danno dei più deboli. La mano del pastore deve difendere il gregge.
Dobbiamo sempre pregare per i pastori della chiesa, soprattutto per quelli che hanno maggiori responsabilità, perché il loro incarico è difficile. Oggi in particolare preghiamo per Papa Leone, perché la sua voce ci comunichi sempre la passione per il Vangelo e la sua mano sia forte nella guida della Chiesa e soprattutto nella protezione dei più deboli, anche di quelli che non fanno parte del gregge a lui affidato. Già nel suo primo indirizzo di saluto è risuonata più volte la parola ‘pace’: in questo momento le vittime della guerra si moltiplicano e quella del Papa è una delle poche voci rimaste a opporsi a questa strage. Il Signore voglia che sia ascoltata.
Meditazione 4^ domenica di Pasqua 11/05/2025
da
Tag: