Meditazione 5^ domenica di Quaresima 06/04/2025

Quello raccontato in questa domenica è uno degli episodi più famosi del Vangelo, tanto che la frase di Gesù è diventata un proverbio: “Chi è senza peccato, scagli la prima pietra”.
Per eliminare i peccati ritenuti più gravi, la comunità eliminava i peccatori, uccidendoli, ma questo sistema non ha mai funzionato: anche se le pene erano severissime, i peccati non scomparivano.
Inoltre, da che mondo è mondo, quelli che vengono puniti sono quasi sempre i pesci piccoli: quelli che commettono i peccati più gravi non li tocca nessuno. Anche il re Erode, che aveva preso la moglie di suo fratello, avrebbe dovuto essere lapidato, ma nessuno si sognava di farlo. E che dire di quegli affaristi che riducevano in miseria le vedove e gli orfani? I profeti li denunciavano e così venivano lapidati… i profeti.
Sono passati circa 3.200 anni dalla promulgazione della Legge di Mosè: adulterio e bestemmia non sono più ritenuti meritevoli di morte, ma c’è ancora qualcuno che per altri delitti invoca pene sempre più severe. Il motivo di questa richiesta non è solo la speranza – illusoria – che le pene più gravi impediscano o almeno riducano i delitti. Si chiedono pene pesanti anche per soddisfare il proprio senso di giustizia: a una colpa grave dovrebbe corrispondere una punizione altrettanto dura. Ma la severità della pena non solo non riesce ad arginare il male: rende anche cattivo chi la invoca. Il sangue di chi veniva lapidato non sporcava materialmente le mani di chi tirava le pietre, ma gli sporcava irrimediabilmente l’anima. Anziché estirpare il peccato, certe pene lo moltiplicano.
Il Vangelo di oggi non è il manifesto del buonismo, ma un invito a guardarsi dentro: il male non è solo fuori di noi, così che lo si possa eliminare a sassate, ma è anche in noi. Una società ha il diritto di difendersi sanzionando chi trasgredisce le sue regole, ma il male si combatte cercando di far crescere il bene in sé e negli altri. C’è bisogno di tempo, di ascolto, di coraggio e di perdono, e nonostante tutto questo il risultato è tutt’altro che scontato, ma combattere il male con la violenza è come combattere gli incendi con il lanciafiamme: pare che in qualche caso estremo sia una misura necessaria, ma non è certamente la regola.
Giudicare, o addirittura farsi giustizieri, permette di sentirsi dalla parte della giustizia e quindi di credersi giusti, ma è un’illusione. Gesù smaschera questa illusione chiedendo ai giustizieri di guardarsi dentro: “Chi di voi è senza peccato scagli per primo la pietra contro di lei”. Ognuno di loro ha capito di avere bisogno di perdono e di non avere titoli per farsi giudice degli altri. Questo non è un invito a coltivare sensi di colpa, a ingigantire la considerazione dei propri peccati. I sensi di colpa artificiali non danno buoni frutti. Gesù non vuole che ci tormentiamo, ma che capiamo la necessità della misericordia per noi e per gli altri. Il male ci sarà sempre nel mondo, non lo si può eliminare né coi sassi né in altro modo: lo si può fermare soltanto impedendo a se stessi di rispondere al male col male, cioè col perdono. Infatti, dopo aver insegnato il Padre Nostro, Gesù lo ha commentato con quest’unica frase: “Se voi infatti perdonerete agli uomini le loro colpe, il Padre vostro celeste perdonerà anche a voi; ma se voi non perdonerete agli uomini, neppure il Padre vostro perdonerà le vostre colpe” (Mt 6,14-15).
Non è esagerato dire che il perdono è il cuore, l’essenza del Vangelo: la “buona notizia” consiste nell’annuncio che Dio ci perdona e chiede a noi di fare altrettanto.
Per capire cosa è giusto e cosa non lo è, possiamo arrivarci da soli, ma per rispondere in modo giusto all’ingiustizia abbiamo bisogno della grazia e dell’esempio di Gesù che ci ha donato il perdono del Padre e ha perdonato fino all’ultimo respiro della sua vita.


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