Meditazione 6^ domenica del tempo ordinario 16/02/2025

Nel Vangelo secondo Luca le beatitudini sono solo quattro, non otto come nel Vangelo secondo Matteo, e sono rivolte ai suoi discepoli che, proprio per averlo seguito in una vita itinerante e precaria, abbandonando tutto quello che avevano, erano e sono poveri, affamati, piangenti e perseguitati. Malgrado ciò, sono beati non solo perché in futuro la loro condizione cambierà, ma perché fin da ora sono entrati nel regno di Dio, appartengono a Gesù e vivono con lui una vita completamente diversa da quella del mondo: una vita di relazioni caratterizzate anche dagli aspetti esplicitati da San Matteo nelle altre quattro beatitudini, cioè la mitezza, la giustizia, la misericordia, la gratuità, la non violenza e la cura reciproca, soprattutto per i più deboli.
In San Luca ci sono anche quattro “guai”, contrapposti in modo speculare alle quattro beatitudini, ma la parola usata da Gesù in greco pur avendo quasi lo stesso suono (uài) non è una minaccia, come in italiano, bensì un grido di dolore, un lamento: “ahi”, “ahi per voi, poveri voi!”. Hanno soldi, sono sazi, ridono e si divertono, sono ammirati e invidiati, ma vivono in un mondo falso, fatto di relazioni interessate, in cui ciascuno cerca solo il proprio tornaconto, anche imbrogliando gli altri.
A me sembra il ritratto di personaggi oggi molto importanti che a quanto pare ottengono tutto quello che vogliono e sembrano avere il mondo ai loro piedi. Molti dicono: “Beati loro”; invece Gesù dice: “Ahi per voi”. Avere, potere, godere e apparire: questa è la felicità agli occhi del mondo. Invece la beatitudine di Gesù e dei suoi discepoli sta nell’amore che pratica la condivisione, la gratuità e il servizio senza farsi pubblicità. Non si tratta di “guadagnarsi il paradiso”, di pagare adesso con il sacrificio e la sofferenza la felicità eterna di domani. Si tratta di entrare nel mondo di Dio, di gustarne la bellezza, di scoprire il suo regno che sarà pienamente rivelato e realizzato nel ritorno glorioso di Cristo ma comincia per noi qui e ora.
Quando Gesù dice: “Non vi chiamo più servi: vi ho chiamato amici” (cf. Gv 15,15), lo dice a noi. A qualcuno sembra impossibile, crede di doversi guadagnare questa amicizia, pensa di non esserne degno, di esserne escluso. Invece l’amore del Signore abbraccia tutti gli esseri umani, anche i nemici: a maggior ragione quelli che lo accolgono e desiderano essere suoi. Ne restano esclusi solo quelli che hanno venduto la propria anima – l’onestà, la sincerità, i sentimenti veri – in cambio di quel che può dare il mondo.
Siamo amici suoi e dei suoi amici: “concittadini dei santi e familiari di Dio” (Ef 2,19). Certo, ognuno di noi è un miscuglio di bene e di male, di generosità e di egoismo, di slancio e di paura. In ognuno di noi c’è qualcosa per cui il Signore dice: “Beato te” e qualcos’altro per cui dice con dispiacere: “Ahi per te”. Ma è sempre e solo lui che si prende cura di noi per liberarci dalle illusioni del peccato e farci entrare sempre più nel suo regno. Lui ci conosce meglio di noi stessi; lui desidera il nostro bene più di quanto lo desideriamo noi stessi; lui sa come condurci alla vera e perfetta beatitudine.


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