Meditazione 6^ domenica di Pasqua 25/05/2025

«Se mi amaste…», dice Gesù nell’ultima cena. Ammetto che non avevo mai considerato davvero questa frase contenuta nel Vangelo di oggi. Che i discepoli non avessero capito molto di Gesù e del suo annuncio è abbastanza evidente, i Vangeli non lo nascondono affatto. Nonostante questo, però, lo avevano seguito, avevano lasciato lavoro e famiglia per stare con lui: non è abbastanza per dire che lo amavano?
«Se uno mi ama, osserverà la mia parola… Chi non mi ama, non osserva le mie parole». L’amore di cui parla Gesù non è sentimentalismo e certamente non è nemmeno possesso. I primi discepoli seguirono Gesù perché ciascuno di loro immaginava – sperava – che lui avrebbe realizzato i loro desideri: religiosi, politici, magari anche affettivi… È sempre così quando ci si innamora, con o senza virgolette: si conosce una persona meravigliosa e si immagina che potrà essere un amico, o un compagno, o un maestro, o una guida che risponderà alle nostre attese e aspettative, ai nostri desideri più intensi. Amare, invece, è farsi attenti all’altro, rispondere alle sue necessità e attese, non alle nostre. È prima di tutto un esercizio di ascolto, nel senso più ampio del termine: «Se uno mi ama, osserverà la mia parola», e per ascoltare davvero bisogna fare spazio, impedire a se stessi di essere troppo invadenti, farsi più piccoli.
Amare può addirittura richiedere, a un certo momento, di lasciare andare la persona che si ama: lasciare andare un figlio per la sua strada, o lasciare andare una persona cara che muore: «Se mi amaste, vi rallegrereste che io vado al Padre». Soffriamo per la mancanza delle persone alle quali vogliamo bene, vorremmo trattenerle, ma qual è il loro vero bene?
Anche Gesù, separandosi dai suoi discepoli e amici, ha voluto il loro bene, non il suo. Se fosse rimasto sempre con loro, non sarebbero mai cresciuti: «Il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto». Li ha affidati allo Spirito Santo, presenza silenziosa e nascosta, non invadente, che necessita di ascolto reciproco perché è presente non solo nella coscienza dei singoli, ma soprattutto nella relazione.
Anche per noi, oggi, amare Gesù non è questione di devozione individuale o soltanto di sentimenti intimi: è un cammino, come quello dei primi discepoli, fatto di ascolto e obbedienza. “Osservare” la parola di Gesù, essere osservanti, significa ascoltare e capire il suo insegnamento per metterlo in pratica: in questo – dice il Signore – consiste il vero amore per lui. L’ascolto dello Spirito Santo si realizza quando ciascuno si impegna ad ascoltare l’altro e a fargli posto nella propria vita.
Sì, i primi discepoli si erano “innamorati” di Gesù e lo avevano seguito lasciando tutto quello che avevano, ma un po’ alla volta hanno dovuto lasciare le proprie attese e imparare ad amare in modo diverso, accogliendo e mettendo in pratica l’insegnamento del loro maestro. Così anche noi per tutta la vita impariamo ad amare come ci insegna Gesù, rinunciando progressivamente ai nostri attaccamenti, mettendoli (e mettendoci) nelle mani del Padre.


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