Il brano del Vangelo di oggi è una raccolta di detti di Gesù probabilmente pronunciati in momenti e occasioni diverse. Vorrei soffermarmi su uno di questi: «Non vi è albero buono che produca un frutto cattivo, né vi è d’altronde albero cattivo che produca un frutto buono. Ogni albero infatti si riconosce dal suo frutto».
Fino a qualche anno fa accoglievo questa parola senza difficoltà, ma negli ultimi tempi sono accadute cose che mi hanno messo molto in crisi: si è saputo che persone che stimavo moltissimo, che ritenevo sante, non hanno fatto solo il bene per il quale erano famose, ma di nascosto hanno compiuto anche molto male. Si è scoperto che Jean Vanier, l’Abbé Pierre e altri ancora, persone che hanno detto e fatto cose meravigliose, si erano resi anche colpevoli di abusi vergognosi. Insomma mi sono trovato davanti ad alberi che hanno prodotto frutti buoni e contemporaneamente frutti velenosi. Questo è proprio ciò che il Vangelo chiama “scandalo”: quando ci si aspetta il bene e invece ci si trova davanti il male. Ma in questo caso lo scandalo è ancor più sconcertante, perché non si tratta di qualcuno creduto buono che invece era cattivo, ma di qualcuno che era contemporaneamente buono e cattivo, molto buono e molto cattivo. È vero che anche i santi possono avere qualche difetto, ma qui non parliamo di colpe veniali: siamo di fronte a veri e propri benefattori dell’umanità che però abusavano e umiliavano altre persone. Il bene che facevano era reale e consistente, ma anche il male che commettevano era terribile. Che cosa significa tutto questo?
Sembra che l’Abbé Pierre fin da giovane mancasse di autocontrollo e che sia arrivato a farsi ordinare sacerdote eludendo parte del percorso formativo. Jean Vanier invece ha avuto un “cattivo maestro” che gli ha insegnato teorie morbose: nella storia della Chiesa ritorna continuamente un’eresia chiamata “gnosi” secondo la quale al “sapiente”, all’uomo “illuminato” tutte le esperienze sono concesse. Invece ormai dovremmo aver capito che non siamo fatti solo di cervello, e che le idee non riescono a governare tutta la nostra vita. Tutto questo ci insegna che la formazione è fondamentale e non può limitarsi solo ad alcuni aspetti, ma deve occuparsi di tutta la persona: la mente, le mani e il cuore; il sapere, il saper fare e l’essere, per tutta la vita.
Inoltre, ho avuto la sensazione che ciascuna di queste persone fosse “un uomo solo al comando”: non si confrontavano più con nessuno perché intorno a sé avevano solo ammiratori ed esecutori dei loro (splendidi) progetti. Così hanno potuto tenere nascoste le loro debolezze che un po’ alla volta sono diventate vere e proprie perversioni e mentre alcuni frutti del loro albero erano ottimi, altri sono diventati marci e quindi velenosi.
Forse, ampliando la metafora usata da Gesù, dovremmo dire che gli alberi buoni producono buoni frutti, ma anche i frutti migliori si possono ammalare – del tutto o in parte – a causa di parassiti, malattie, troppa acqua o troppo poca… hanno bisogno di cure e attenzioni durante tutta la loro crescita, dall’inizio fino alla fine, e queste cure vengono soprattutto dal confronto aperto e sincero con le persone che Dio ci fa incontrare: educatori, familiari, amici e collaboratori.
Tenere nascosto qualcosa agli altri è come rifiutare le cure: è vero che non tutti hanno il diritto di sapere tutto di noi, ma la prima cosa che hanno fatto Adamo ed Eva dopo il peccato è stata nascondersi. Ci si può nascondere in tanti modi, anche ai propri occhi: compiendo opere buone in pubblico, e prendendosi poi delle compensazioni in segreto.
Ciascuno di noi deve vigilare su se stesso e permettere anche sugli altri di vigilare sulla sua vita.
Nella quaresima che stiamo per iniziare potrebbe essere un’ottima idea prepararci a una bella confessione, non soltanto enumerando le mancanze che abbiamo commesso di recente, ma guardando ai frutti buoni e meno buoni che nascono dal nostro albero, e chiedendoci di quali cure possano avere bisogno.
Meditazione 8^ domenica del tempo ordinario 02/03/2025
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