Meditazione Pentecoste 08/06/2025

Nella festa di Pentecoste, che vuol dire letteralmente “cinquantesimo” perché si celebra 50 giorni dopo la Pasqua, facciamo memoria della discesa dello Spirito Santo sulla Chiesa nascente. Dello Spirito Santo parlano soprattutto gli Atti degli Apostoli e le lettere di San Paolo. Ci dicono che assiste la Chiesa, la aiuta con i suoi doni, ma non si impone: se trova docilità nei credenti, li guida a comprendere e realizzare la parola di Gesù e la volontà del Padre; se non trova questa apertura, questa disponibilità, i singoli e la Chiesa nel suo insieme si allontanano da Dio e dal vero bene.
La nostra tradizione ha sempre sottolineato questa disponibilità facendola coincidere con ciò che chiamiamo la “santità” personale: più una persona è santa, buona, umile, e più sarà docile allo Spirito Santo. I cristiani orientali hanno inventato anche una parola per indicare una persona piena di Spirito Santo: “pneumatoforo”, cioè “portatore dello Spirito Santo”. Spesso sono stati chiamati così dei monaci che hanno trascorso molti anni pregando e facendo penitenza isolati dal mondo, per diventare in seguito rinomate guide spirituali.
C’è molto di vero in questo modo di pensare: è evidente che lo Spirito di Dio può agire meglio e con più efficacia in chi si rende disponibile a fare la sua volontà. Tuttavia, questa impostazione corre il rischio di essere un po’ troppo individualista.
Nel Nuovo Testamento lo Spirito Santo discende quasi sempre in occasione di incontri, su gruppi di credenti, su comunità che ricevono da lui doni diversi, distribuiti in vario modo. Nessuno riceve la pienezza di tutti i doni, nemmeno Pietro, infatti la profondità del pensiero di Paolo e di Giovanni era superiore alla sua, tanto per fare un esempio. Ognuno riceve doni diversi in modi diversi, sicché la pienezza di tutti i carismi è presente solo nella Chiesa nel suo insieme.
Tutto questo può sembrare molto bello e molto poetico, ma è anche molto difficile, perché i membri della comunità non sono soltanto ricchi di doni spirituali, ma anche di difetti e di peccati.
A volte è già difficile pregare insieme, ma è molto più difficile decidere insieme e agire insieme.
Eppure la forza dello Spirito Santo si manifesta pienamente nelle relazioni fraterne, nel servizio reciproco, nell’ascolto vicendevole, nell’umiltà di chi non vuol fare prevalere a tutti i costi il proprio punto di vista. Gesù ha detto: «Se due di voi sopra la terra si accorderanno per domandare qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli ve la concederà. Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro» (Mt 18,19-20).
Credere che lo Spirito Santo sia quasi “proprietà privata” di singole persone eccezionali divide i fedeli in categorie di serie A e serie B ed espone anche al pericolo di seguire dei santoni, non dei santi, come purtroppo è spesso accaduto. Invece lo sforzo dell’ascolto reciproco e la ricerca di una concordia possibile apre la strada alla forza e all’azione dello Spirito. Questo non significa che nella Chiesa tutto si debba decidere per alzata di mano: mi è stato insegnato – e ci credo ancora – che i pastori della Chiesa devono avere l’ultima parola, ma non tutte le altre. Anche il ministero dei pastori è carisma, non solo istituzione, ma è carisma – cioè dono spirituale – per valorizzare e servire tutti gli altri carismi che lo Spirito Santo semina nel popolo di Dio.


Pubblicato

in

da

Tag: