Meditazione 11^ domenica del tempo ordinario 18/06/2023

Il brano del Vangelo di oggi racconta l’invio in missione dei dodici apostoli, parola che significa, appunto, inviati. Questa missione non nasce da un programma di conquista, di proselitismo, da un desiderio di Gesù di aumentare il numero dei propri seguaci. Nasce dal suo sguardo sulle folle, sulle persone che lo cercano.
In un primo momento li vede come pecore senza pastore: sono stanchi e sfiniti perché hanno fatto tanta strada trasportando i loro malati alla ricerca di un guaritore, con tanta ansia nel cuore e un lumicino di speranza. Per questa povera gente Gesù prova tanta compassione: vorrebbe raggiungerli tutti, ma non può farlo da solo. Per raggiungere questa umanità sofferente che cerca sollievo dai propri dolori e salvezza dai propri mali, Gesù ha bisogno di qualcuno che condivida il suo stesso sguardo, i suoi stessi sentimenti e la sua stessa compassione.
Subito dopo, però, vede quelle stesse persone che lo cercano come un campo di spighe mature, pronte per la mietitura. Non come un campo da seminare né come un edificio ancora da costruire, ma proprio come un campo da mietere con urgenza, prima che il raccolto cada a terra e si rovini irrimediabilmente. In quel momento, in effetti, molti attendevano la venuta del Messia e molti, in questa attesa, erano stati ingannati e avevano seguito falsi profeti. I dodici sono stati mandati a mietere il raccolto, a rispondere alle attese presenti nelle persone di quel tempo.
Mi chiedo come vede oggi Gesù le persone del nostro tempo, quali sono le attese alle quali rispondere e come devono essere quelli che vengono inviati per la missione.
Negli ultimi ottant’anni la propaganda commerciale e politica è diventata sempre più abile nell’individuare i bisogni sui quali fare leva per vendere i propri prodotti o far votare i propri candidati, e se questi bisogni non si trovano, si possono anche creare: si può far credere alle persone di aver bisogno di qualcosa o qualcuno. A volte anche nella Chiesa o nelle parrocchie ci si chiede come fare perché le persone si interessino al Vangelo, come se fosse un prodotto da piazzare sul mercato. Le folle oggi non mi sembrano un campo pronto per la mietitura, ma forse piuttosto un campo già mietuto, dove al massimo si può spigolare qualche spiga caduta a terra.
Le persone malate, stanche e sfinite non mancano, ma ci sono anche tante proposte diverse di cura, di sollievo e, al limite, di andarsene “con dignità”.
Un certo interesse sembra risvegliarsi lì dove si dice che appaia la Madonna o dove si presentano leaders in qualche modo affascinanti che “bucano lo schermo” televisivo o dello smartphone.
La Chiesa ha dunque bisogno di seduttori come nuovi apostoli?
Usare i media vecchi e nuovi per diffondere il Vangelo, e cercare di usarli bene, non è un peccato.
Ma la diffusione del Vangelo non è garantita dalla forza dei mezzi umani: al contrario, si appoggia solo sulla forza di Dio e quindi richiede la povertà e la debolezza degli annunciatori. Infatti il brano del Vangelo di oggi prosegue così nei versetti immediatamente seguenti: «Non procuratevi oro né argento né denaro nelle vostre cinture, né sacca da viaggio, né due tuniche, né sandali, né bastone».
Mentre molti si domandano come fare per riempire nuovamente le chiese e per riportare i giovani a messa, Papa Francesco ci invita invece a uscire, ad andare incontro alle persone con lo stesso sguardo compassionevole di Gesù, cioè con la capacità di sentire i loro problemi e dolori come se fossero nostri. Non occorre andare molto lontano: vicino, vicinissimo a ciascuno di noi c’è qualcuno che soffre, che ha un problema, che ha bisogno di trovare un po’ di ascolto. Questo “esercizio di prossimità” riempirà le chiese? Forse no, ma diffonderà il Vangelo, la buona notizia che Dio si è fatto vicino a ciascuno di noi.


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