Meditazione 12^ domenica del tempo ordinario 25/06/2023

Nel Vangelo di oggi c’è una frase che suona così: «Due passeri non si vendono forse per un soldo? Eppure nemmeno uno di essi cadrà a terra senza il volere del Padre vostro». È sicuramente una traduzione possibile, ma è frutto di una interpretazione. Alla lettera il testo dice: «Nemmeno uno di essi cadrà a terra senza il Padre vostro». Mi chiedo cosa significhi questo «senza il Padre vostro». La nostra traduzione dice: «senza il volere del Padre vostro», e da qui nasce il proverbio: «Non si muove foglia che Dio non voglia». È un modo di pensare a Dio che onora la sua onnipotenza, ma spalanca dubbi ben più gravi su di lui: come può volere o anche solo permettere che accadano le cose orribili che sentiamo tutti i giorni nei notiziari?
Altri traducono così questa frase: «senza che il Padre vostro lo sappia». In altre parole, il Padre conosce tutto ciò che accade e ne tiene conto: il profeta Isaia e il libro dell’Apocalisse ci insegnano a sperare che Dio asciugherà ogni lacrima dai nostri occhi. Possiamo sperare che un giorno perfino ogni passero caduto sarà rialzato.
A me però piace il testo com’è nell’originale: «Nemmeno uno di essi cadrà a terra senza il Padre vostro». Vale a dire che nemmeno un uccellino, quando cade, cade da solo, ma il Padre è con lui.
Dio non lo vediamo e non lo sentiamo, ma è sempre con noi, e un giorno questo ci diventerà chiaro, evidente. Per questa presenza che sempre ci accompagna Gesù dice ai dodici apostoli, e anche a tutti noi, di non avere paura. Lo ripete per tre volte ai dodici che stanno per partire in missione e lo ripete a noi tutti i giorni. Qualcuno ha contato nella Bibbia tutte le volte in cui c’è scritto «Non temere», «Non temete» o espressioni equivalenti: sono 365, tante quante i giorni dell’anno. Ogni giorno il Signore ci ripete di non aver paura perché è quasi sempre la paura quella che ci impedisce di “fare la cosa giusta”. Pensiamo alle conseguenze possibili, alle difficoltà che potremmo incontrare, a cosa potrebbe capitare se qualcosa dovesse andare storto… Un gesuita molto anziano e molto saggio mi disse un giorno: «Più vado avanti con l’età e più penso che nella vita la vera battaglia non è tra il bene e il male, ma tra il bene e la paura».
Gesù sa che chi sceglie di fare il bene e di testimoniarlo andrà incontro a opposizioni anche violente, come è stato per lui, e che questo ci fa paura, ma è necessario vincerla, questa paura, se vogliamo fare qualcosa di buono nella vita, qualsiasi cosa.
La paura non ci deve impedire di fare il bene: ci può aiutare a non essere avventati, a non fare stupidaggini. Addirittura può essere un dono dello Spirito Santo chiamato “timor di Dio”. Tante volte ho detto e insegnato ai bambini della cresima che il timor di Dio non è la paura, ma forse mi sono sbagliato. È vero che San Giovanni nella sua prima lettera dice che «Nell’amore non c’è timore, al contrario l’amore perfetto scaccia il timore, perché il timore suppone un castigo e chi teme non è perfetto nell’amore» (1Gv 4,18), ma specifica che l’amor di Dio consiste nell’osservare i suoi comandamenti. Chi invece non li osserva e commette cose davvero gravi farebbe meglio ad avere paura di Dio. Ai bambini non si deve insegnare ad aver paura di Dio, ma chi compra e vende vite umane, chi vive nell’egoismo e non conosce la pietà, chi pensa solo al proprio tornaconto personale dovrebbe avere paura di Dio che «ha il potere di far perire e l’anima e il corpo nella Geenna». La Geenna (gē Hinnōm, cioè valle di Ennom) a sud-ovest di Gerusalemme, maledetta dal re Giosia perché in precedenza vi venivano offerti sacrifici umani, fu destinata a immondezzaio della città, quindi vi ardeva continuamente il fuoco. Non è male avere un po’ di paura che la propria vita finisca nell’inceneritore di un immondezzaio perché in essa non c’è niente di buono da salvare, soprattutto se in questo mondo si è potenti, temuti e rispettati. Forse una volta ce n’era troppa di questa paura; oggi mi sembra che ce ne sia troppo poca.


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