Meditazione 16^ domenica del tempo ordinario 23/07/2023

Dato che nel passato anche recente mi sono fatto pubblicità, sapete che ho scritto un libro sulle derive settarie nella Chiesa e uno sull’abuso spirituale. Studiando queste cose sono venuto a conoscenza di fatti molto brutti accaduti nella Chiesa e, come se ciò non bastasse, sono stato in seguito contattato da diverse vittime e sopravvissuti che mi hanno raccontato il resto. Sento di sottoscrivere quel che disse l’allora prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, card.
Joseph Ratzinger, nella riflessione sulla nona stazione della Via Crucis al Colosseo nel 2005, dedicata alla terza caduta di Gesù: «Quanta sporcizia c’è nella Chiesa, e proprio anche tra coloro che, nel sacerdozio, dovrebbero appartenere completamente a lui!».
È ciò che si chiama ‘scandalo’: laddove ci si aspetta di trovare santità o almeno ordine, pulizia, retta intenzione nel servizio del bene, ci si imbatte invece nella falsità, nell’ipocrisia, nei peccati più abietti. Può subentrare allora lo scoraggiamento: «Ma allora non si salva nessuno! Non c’è niente di pulito a questo mondo?».
A loro volta lo scoraggiamento e il pessimismo tolgono energia e volontà nel fare il bene. Capitò lo stesso al profeta Elia che chiese a Dio di morire perché «gli Israeliti hanno abbandonato la tua alleanza, hanno demolito i tuoi altari, hanno ucciso di spada i tuoi profeti. Sono rimasto solo ed essi tentano di togliermi la vita» (1 Re 19,14). Dio gli rispose: «Io mi sono risparmiato in Israele settemila persone, quanti non hanno piegato le ginocchia a Baal e quanti non l’hanno baciato con la bocca» (v. 18). Settemila persone non sono poche, ma il profeta non le aveva viste perché i suoi occhi erano accecati dalla delusione e dalla tristezza.
La parabola del buon grano e della zizzania parla proprio di questo scandalo: lo cogliamo sulla bocca dei servi che dopo aver lavorato con fatica e competenza vedono un risultato inatteso e potenzialmente disastroso e dicono sconsolati al padrone «Signore, non hai seminato del buon seme nel tuo campo? Da dove viene la zizzania?».
La Chiesa non è forse radunata dalla parola di Dio? Non raccoglie forse persone che sentono il richiamo del bene e vogliono realizzare qualcosa di buono mettendosi a servizio degli altri? Non ha come legge suprema l’amore a Dio e al prossimo? Da dove provengono gli scandali?
Il Signore risponde: «Un nemico ha fatto questo», vale a dire che il male non fa parte del progetto di Dio, ma c’è e bisogna affrontarlo. Come?
I servi vorrebbero intervenire subito e strappare la zizzania, ma il padrone del campo invece chiede loro di aspettare. Intendiamoci bene: quando avvengono degli scandali che coinvolgono persone fragili bisogna intervenire subito e con la massima decisione possibile. Ma non si devono coltivare sogni di purezza assoluta perché uno zelo eccessivo può a sua volta generare altri soprusi e sofferenze.
È sempre possibile disapprovare il male, ma non sempre è possibile fare qualcosa di concreto per opporvisi, o per lo meno non a tutti. Allora è necessario coltivare la virtù della pazienza o della sopportazione, che non è la passività o la pigrizia, tanto meno il menefreghismo, ma la capacità di sub-portare, cioè portare pesi – situazioni – pesanti, raccogliendo i cocci e pagando il prezzo di danni che non abbiamo fatto noi, soccorrendo le vittime, segnalando ciò che non va a chi ha il potere e il dovere di intervenire. Soprattutto non lasciandosi accecare dalla delusione e guardandosi dallo scoraggiamento, ma perseverando nel bene.
È necessario coltivare questa virtù della pazienza anche e soprattutto nei confronti di se stessi, perché molto spesso non abbiamo il potere di cambiare le cose che non ci piacciono di noi stessi e rischiamo di diventare intolleranti: almeno a me succede di trovare insopportabili negli altri quelli che sono i miei difetti. Quando invece riconosco di essere una povera creatura limitata, mi riesce più facile accettare che anche gli altri lo siano e sentirli fratelli e sorelle.


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