Meditazione 2^ domenica di avvento 10/12/2023

Il brano evangelico di questa domenica è l’inizio del Vangelo secondo Marco, il Vangelo che ci accompagnerà per tutto il nuovo anno. Come inizia questo Vangelo? Con un riassunto della missione di Giovanni, il quale «battezzava nel deserto e proclamava un battesimo di conversione per il perdono dei peccati». L’evangelista aggiunge che «accorrevano a lui tutta la regione della Giudea e tutti gli abitanti di Gerusalemme. E si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano, confessando i loro peccati». Evidentemente erano tempi molto diversi dai nostri: oggi molte persone si sentono in difficoltà con l’idea del peccato e cercano di allontanarla il più possibile dalla loro vita. In effetti si vive male quando ci si sente gravati dal senso di colpa per qualcosa di grave che si è commesso; se poi non si è commesso niente di grave, perché mai si dovrebbe amplificare artificialmente questo senso di colpa così opprimente?
Credo che prima di tutto ci si debba mettere d’accordo sulle parole che usiamo.
Il senso di colpa è un campanello di allarme, in un certo senso assomiglia al dolore fisico: ci avverte di un pericolo. Essere incapaci di provare dolore o senso di colpa è una patologia, così come provare dolore fisico o senso di colpa senza motivo o in modo esagerato.
Il senso del peccato non coincide esattamente col senso di colpa, anche se gli assomiglia e gli è collegato: il senso del peccato può esistere solo nel rapporto con Dio. Nei confronti di Dio, del Bene assoluto, di colui che ci ha dato la vita e ci chiama a essere suoi figli e figlie, possiamo scoprire di essere mancanti, e non in modo generico, ma puntuale, preciso. Un difetto che cerchiamo di minimizzare, una cattiva abitudine che ormai diamo per scontata, una debolezza che ci ha portato a cedere… davanti a Dio sappiamo che potevamo e dovevamo fare qualcosa di diverso, ma non lo abbiamo fatto, e ci dispiace perché sentiamo che in questo modo ci siamo allontanati da lui che è buono, che è il Bene.
In un passato non troppo lontano e ancora oggi in certi ambienti religiosi si insiste sul senso del peccato forse in modo eccessivo o forse mettendo “il carro davanti ai buoi”: solo avvicinandosi a Dio si può scoprire il proprio peccato, mentre invece instillando un senso di colpa artificiale nelle persone non le si avvicina a Dio (ma le si rende più manipolabili).
L’errore più comune però è quello opposto: oggi si cerca, forse proprio come reazione a un certo passato, di minimizzare e rimuovere tutti i sensi di colpa. In effetti, è giusto invitare certe persone che soffrono di sensi di colpa esagerati a essere più indulgenti con se stesse, così come in generale è giusto anche non rimanere impantanati nei propri errori e nei sensi di colpa.
La risposta giusta però non consiste nel minimizzare i propri errori dicendo per esempio: “Lo fanno tutti”, oppure “In fondo non è così grave”, o “Nessuno è perfetto”…
La risposta giusta è quella di Giovanni battista: riconoscere apertamente le proprie mancanze (‘confessare’ significa proprio dire, affermare con forza, ad alta voce) e convertirsi, iniziare una vita nuova. Il battesimo di Giovanni, infatti, non era solo un rito di purificazione, ma anche un simbolo di rinascita, di nuovo inizio.
Col Natale entra nel mondo colui che ci salva da una vita inautentica, dall’egoismo che ci mette gli uni contro gli altri, dal male che può proliferare e moltiplicarsi fino a distruggere e deturpare la vita in molti modi, ma come possiamo accogliere il Salvatore se siamo convinti di poterci salvare da soli o addirittura di non avere bisogno di alcuna salvezza?
Certo, Gesù Salvatore è entrato nella vita di quasi tutti noi già da tempo, perciò non partiamo da zero. Molte persone, per loro fortuna, sono state preservate da cadute gravi; è probabile che molti non siamo nella condizione di doversi convertire come se il Vangelo lo scoprissero solo oggi, ma non si sa mai: a volte ci vogliono anni o addirittura decenni per capire quanto siamo centrati su noi stessi e come avremmo potuto vivere diversamente. Però credo che possiamo riconoscere serenamente che la grazia di Dio ha lavorato in noi e che non siamo lontani da lui. Tuttavia l’avvento ci invita a restare vigilanti e a riconoscere le occasioni in cui manchiamo. Riconoscerle apertamente e ricominciare perché, come dice l’altro San Giovanni, l’evangelista: «Davanti a lui rassicureremo il nostro cuore qualunque cosa esso ci rimproveri. Dio è più grande del nostro cuore e conosce ogni cosa» (1 Gv 3,19b-20).


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