Nel brano di questa domenica Pietro professa la sua fede in Gesù e Gesù gli dà autorità sulla sua Chiesa, un’autorità che sarà condivisa anche con gli altri apostoli, come si leggerà in un capitolo successivo (18,18).
Soprattutto in passato l’autorità del successore di Pietro è stata a volte assolutizzata: santa Caterina da Siena vedeva nel Papa addirittura “il dolce Cristo in terra”. Perciò penso che sia bene cercare di capire come san Pietro ha inteso e vissuto la sua autorità. Per fortuna ne abbiamo una testimonianza proprio nella prima Lettera di Pietro, al capitolo 5 dove si legge: «Esorto gli anziani che sono tra voi, quale anziano come loro, testimone delle sofferenze di Cristo e partecipe della gloria che deve manifestarsi: pascete il gregge di Dio che vi è affidato, sorvegliandolo non per forza ma volentieri secondo Dio; non per vile interesse, ma di buon animo; non spadroneggiando sulle persone a voi affidate, ma facendovi modelli del gregge».
Prima di tutto si rivolge agli anziani, in greco “presbiteri”, cioè ai preti, ai responsabili delle prime comunità, ma non si mette sopra di loro, bensì al loro stesso livello: «Esorto i presbiteri… quale presbitero come loro», partecipe dello stesso servizio. Certo, è consapevole di avere un ruolo speciale: è «testimone delle sofferenze di Cristo e partecipe della gloria che deve manifestarsi», ma si pone allo stesso livello delle persone che esorta. Questo è il suo primo insegnamento sul modo di esercitare l’autorità: va esercitata con umiltà, non con alterigia, mettendosi allo stesso livello degli altri, non dall’alto in basso.
Subito dopo dice quello che i presbiteri devono fare: «pascete», cioè procurate il cibo di cui il gregge ha bisogno. In altre parole: fate in modo che le vostre comunità ricevano l’alimento spirituale di cui hanno bisogno, che comprende certamente la parola di Dio e i sacramenti, ma anche le relazioni ordinate che favoriscono la fraternità.
Poi Pietro dà tre indicazioni sul modo in cui si deve pascere il gregge di Dio.
La prima: «non per forza, ma volentieri». Il servizio di autorità può diventare costoso e oneroso, può incontrare anche molte difficoltà, ma deve essere svolto il più possibile con il volto sereno, positivamente. Probabilmente ogni epoca ha avuto le sue difficoltà, ma in modo speciale oggi i presbiteri sono sottoposti a carichi di lavoro sempre crescenti e a responsabilità sempre più pesanti. È forte la tentazione di “tirare avanti” malvolentieri, lamentandosi e cercando magari di scartare alcuni impegni, ma è appunto una tentazione e come tutte le tentazioni va respinta. Non vale solo per i preti, ma per tutti quelli che esercitano un’autorità: quando si fanno le cose per forza, si fanno male, si può diventare rabbiosi e far del male alle persone che ci sono affidate.
La seconda: «non per vile interesse, ma di buon animo». Fino a qualche decina di anni fa, il sostentamento del clero era garantito dal sistema dei benefici parrocchiali: c’erano parrocchie ricche e parrocchie povere e i preti cercavano di aggiudicarsi per concorso le parrocchie più ricche. Per fortuna ora non è più così. Sono piuttosto altre le posizioni di responsabilità che “nel mondo” (e in Italia) vengono ripagate con ingenti corrispettivi economici, a volte esagerati. Però anche nella Chiesa, e anche per i sacerdoti, i soldi possono essere una terribile tentazione: il servizio, anche quello di autorità, dev’essere invece un dono, perciò libero dalla venalità.
La terza: «non spadroneggiando sulle persone a voi affidate, ma facendovi modelli del gregge». Il potere può diventare una vera e propria perversione: alcuni arrivano addirittura a godere malignamente del loro potere sulle persone, arrivando perfino a distruggerle, ma anche senza arrivare a tanto ci sono capi che non mollano mai e se sono costretti a mollare cadono in depressione perché hanno associato il senso del loro valore personale alla posizione di potere raggiunta. Invece il primo dovere di chi ha autorità è dare l’esempio: solo in questo modo si è autorevoli invece che autoritari. L’autorità di Pietro gli è stata data, non è frutto di ambiziose manovre: è un dono di Gesù, ma è un dono di cui dovrà rendere conto. Il carrierismo nasce dalla convinzione, spesso non consapevole, di non valere niente e di dover raggiungere una posizione “importante” per poter affermare il proprio valore. Ma è un’illusione: non si può aggiungere dall’esterno quel che ci manca dentro.
San Pietro, consapevole dei propri peccati e dei propri limiti, ha esercitato l’autorità con umiltà, sull’esempio di Gesù, suo maestro, a servizio delle persone a lui affidate e ha cercato di insegnare anche agli altri a servire nello stesso modo.
Meditazione 21^ domenica del tempo ordinario 27/08/2023
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