Meditazione 3^ domenica di Pasqua 14/04/2024

Nel tempo di Pasqua le letture continuano a parlarci della risurrezione, il grande e misterioso evento sul quale si fonda la nostra fede e la nostra speranza. Come cercare di comprenderlo, almeno un po’? Come esprimerlo?
La traduzione/espressione di questo mistero che mi è piaciuta di più l’ho trovata in un autore che diceva di essere ateo: Umberto Eco in dialogo con il cardinale Carlo Maria Martini nel libretto “In cosa crede chi non crede?”. Scriveva Umberto Eco verso la fine di quel breve epistolario: «Oggi l’universo elettronico ci suggerisce che possano esistere delle sequenze di messaggi che si trasferiscono da un supporto fisico all’altro senza perdere le loro caratteristiche irripetibili, e sembrano persino sopravvivere come puro immateriale algoritmo nell’istante in cui, abbandonato un supporto, non si sono ancora impressi su un altro. E chissà che la morte, anziché implosione, sia esplosione e stampo, da qualche parte, tra i vortici dell’universo, del software (che altri chiamano anima) che noi abbiamo elaborato vivendo, fatto anche di ricordi e rimorsi personali, e dunque sofferenza insanabile, o senso di pace per il dovere compiuto, e amore».
Ho usato questa idea, ma ovviamente non queste parole, in un’omelia per i bambini. Ho mostrato loro una videocassetta e un DVD proprio al tempo in cui stavano incominciando a essere usati i DVD. Ho chiesto loro che cosa erano gli oggetti che teneva in mano e loro mi hanno risposto che erano dei film. Io ho detto che non era proprio giusto: il film è la storia, la trama, i personaggi, gli attori, la regia… Quelli che tenevo in mano erano due diversi supporti che contenevano un film e ho aggiunto che avevo riversato il film dalla vecchia videocassetta al nuovo DVD: il film era passato da un supporto all’altro.
Così, ho aggiunto, il corpo è il nostro supporto nel quale viviamo le relazioni, le esperienze belle e brutte, i pensieri, i desideri, le emozioni e le azioni. Alla fine, con la morte, il nostro supporto – il nostro corpo – si distrugge, ma il nostro “film”, tutto quel che noi siamo e abbiamo vissuto, sarà riversato con la risurrezione in un nuovo supporto, un corpo come quello di Gesù che non era un fantasma: infatti nel Vangelo di questa domenica Gesù dice: «Un fantasma non ha carne e ossa come vedete che io ho». Addirittura mangia un pezzo di pesce per far capire che è reale, però questo suo corpo che si può vedere e toccare, che mangia come facciamo noi, appare e scompare dal cenacolo: non è più schiavo delle leggi della materia, ma obbedisce soltanto al suo spirito. Anche noi riceveremo con la nostra risurrezione un corpo come il suo, un vero corpo ma non più soggetto ai limiti che oggi sperimentiamo. E in attesa della risurrezione il nostro “film”, la nostra anima, non scompare ma sopravvive in attesa di essere riversata nel suo nuovo supporto.
Al tempo di San Paolo non c’erano le videocassette e i DVD perciò lui usò altre tre metafore, una vegetale, una animale e una astronomica: «Qualcuno dirà: Come risuscitano i morti? Con quale corpo verranno? Stolto! Ciò che tu semini non prende vita, se prima non muore; e quello che semini non è il corpo che nascerà, ma un semplice chicco, di grano per esempio o di altro genere.
E Dio gli dà un corpo come ha stabilito, e a ciascun seme il proprio corpo. Non ogni carne è la medesima carne; altra è la carne di uomini e altra quella di animali; altra quella di uccelli e altra quella di pesci. Vi sono corpi celesti e corpi terrestri, ma altro è lo splendore dei corpi celesti, e altro quello dei corpi terrestri. Altro è lo splendore del sole, altro lo splendore della luna e altro lo splendore delle stelle: ogni stella infatti differisce da un’altra nello splendore. Così anche la risurrezione dei morti: si semina corruttibile e risorge incorruttibile; si semina ignobile e risorge glorioso, si semina debole e risorge pieno di forza; si semina un corpo animale, risorge un corpo spirituale. Se c’è un corpo animale, vi è anche un corpo spirituale […]. E come abbiamo portato l’immagine dell’uomo di terra, così porteremo l’immagine dell’uomo celeste» (1Cor 15,35-44.49).


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