Meditazione 32^ domenica del tempo ordinario 10/11/2024

Oggi il Vangelo parla esplicitamente di soldi, ma non solo…
Nel brano ci sono tre personaggi: gli scribi, i ricchi e una vedova povera.
Gli scribi erano gli esperti della Bibbia; di sicuro non erano tutti cattivi perché pochi versetti prima Gesù ha detto a uno di loro: «Non sei lontano dal regno di Dio», come abbiamo sentito domenica scorsa. Qui però Gesù se la prende con tutta la categoria perché molti di loro usavano le proprie conoscenze per ottenere onori e privilegi e addirittura per derubare i poveri. Per loro la religione era un buon affare dal quale ricavare vantaggi, anche disonesti. In ogni tempo si può vivere la religione anche così, in modo ipocrita, e i più esposti a questa tentazione sono e saranno sempre i professionisti del sacro.
Poi ci sono, nel brano evangelico di oggi, i ricchi che fanno generose donazioni. Al tempo di Gesù il tempio di Gerusalemme era in fase di ricostruzione e per gli ebrei era molto importante vederlo risorgere splendido come al tempo del re Salomone dopo che era stato distrutto. Contribuivano con le loro donazioni per un misto di religiosità e orgoglio nazionale mescolati in un unico sentimento che forse per noi è un po’ difficile da capire. I ricchi generosi che facevano offerte non venivano rimproverati da Gesù (non ce n’era motivo) ma nemmeno lodati: per la mentalità e la legge di quel tempo stavano facendo il loro dovere, secondo le loro possibilità.
Infine c’è la povera vedova che dona tutto quel poco che ha per vivere: possiede solo due monetine e le mette nel tesoro del tempio. Come giudicheremmo oggi la sua azione e la sua persona? Probabilmente esagerata, bigotta e anche un po’ stupida: al tempio non servivano quelle due monetine, a Dio meno ancora, mentre lei ne aveva bisogno eccome! Adesso come farà? Chi la aiuterà? Ma Gesù la loda e la indica come esempio ai suoi discepoli. Perché?
Perché ha donato con generosità tutta se stessa senza stare a calcolare. La prudenza è una virtù cardinale e se questa donna avesse avuto dei figli da nutrire, non c’è dubbio che avrebbe dovuto pensare prima a loro che al tempio, ma siccome rispondeva solo di se stessa, ha potuto lasciare la prudenza e donarsi con quel “di più” un po’ folle, tipico dell’amore e dell’innamoramento.
A me sembra che oggi questo “di più”, questo pizzico di follia, si veda sempre più raramente. La giovinezza è diventata un’età lunghissima nella quale si fanno tante esperienze, si tengono aperte molte possibilità per il futuro e si rimandano sempre più in là le scelte definitive. Molti giovani non si sposano più, oppure convivono molto a lungo prima di sposarsi; i figli arrivano sempre più tardi, se arrivano, non solo perché lo Stato sostiene poco o per niente la genitorialità, ma anche perché prima ci sono tante altre cose da fare. Perfino i tempi di formazione prima della consacrazione alla vita religiosa o sacerdotale si sono allungati negli ultimi anni, un po’ perché c’è molto da imparare, ma anche perché le decisioni definitive fanno paura. Spesso sono proprio gli adulti a consigliare ai giovani di aspettare a impegnarsi e intanto di godersi la vita: forse anche rimpiangono di non aver fatto lo stesso quand’erano più giovani.
Non voglio dire che i ragazzi siano egoisti, perché fra le varie esperienze magari fanno anche volontariato e vivono dei valori importanti, un po’ come i ricchi del Vangelo di oggi: generosi, sì, ma non fino al punto di “buttarsi” senza rete e senza uscite di sicurezza.
Non voglio nemmeno affermare che la generazione precedente fosse migliore, perché anche nelle scelte definitive si può cercare la propria affermazione, il proprio tornaconto, e quando si scopre che le cose non vanno nel modo sperato si rimettono in discussione anche le promesse più sacre.
Il mondo dice (per motivi commerciali) che la vita va goduta; la ragione dice che a un certo punto bisogna decidere come spendere la vita perché il tempo passa, ma è difficile scegliere tra tante possibilità; il Vangelo dice che la vita va offerta, donata, anche se così sembra di perderla: «Chi vorrà salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per me, la salverà» (Lc 9,24 e paralleli). Capire e accettare davvero la proposta del Vangelo richiede una vera conversione, e i tempi e i modi di questa conversione li conosce solo il Signore.


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