In moltissime culture e religioni (forse tutte) si distingue ciò che sta in basso da ciò che sta in alto, ciò che appartiene alla terra da ciò che appartiene al cielo. In basso, sulla terra, c’è quasi sempre il male o comunque ciò che è brutto, sporco, spregevole. Ciò che è nobile, santo e buono, invece, è elevato, sta in alto. Gli dei greci abitavano sul monte Olimpo e molte altre vette erano dimora di altrettante divinità. Gli istinti sono per definizione bassi, mentre i sentimenti sono elevati. Ciò che è peggiore è inferiore, cioè più in basso, mentre ciò che è migliore è superiore, cioè in alto. In cielo c’è il paradiso, mentre l’inferno è il nome di ciò che sta in basso, sottoterra.
Anche San Paolo, al capitolo terzo della Lettera ai Colossesi, dice: «Se dunque siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove si trova Cristo assiso alla destra di Dio; pensate alle cose di lassù, non a quelle della terra» (Col 3,1-2). Le “cose della terra” le elenca subito dopo e sono i vizi e i peccati, mentre la carità è “al di sopra di tutto” (v. 14).
È un modo di esprimersi molto comune che tutti comprendono e accettano, ma può anche essere un po’ fuorviante, perché il Vangelo che proclama beati i piccoli, i poveri, gli ultimi e gli umili, cioè quelli che stanno “in basso”. E i santi ci insegnano che se il Signore è salito al cielo, il cielo è lì dove si trova il Signore, cioè dentro di noi, non sopra di noi. Santa Teresa di Lisieux, per esempio, diceva che la santità non è una scalata alla vetta di tutte le virtù, ma consiste nell’amore e in una discesa sempre più profonda nell’umiltà.
Inoltre, quando pensiamo all’ascensione del Signore dobbiamo anche ricordare che le “cose di quaggiù” non sono solo negative. Il Signore risorto sale al cielo, cioè nella sfera divina, nella trascendenza, ma “due uomini vestiti di bianco” ammoniscono i discepoli di non restare col naso per aria. Il loro compito, e il nostro, è qui, sulla terra. L’annuncio della salvezza portata al mondo dalla morte e risurrezione di Cristo non vanifica il nostro lavoro, ma lo purifica e rafforza.
E a proposito dell’impegno sulla terra, vale la pena ricordare che il primo compito che Dio affida all’umanità, nel primo libro della Bibbia, è la salvaguardia del creato, governare la creazione come fosse un giardino da coltivare. Poi, nei libri profetici, Dio chiede al suo popolo di produrre frutti di giustizia, senza la quale prospera la violenza, la negazione della pace. Nel marzo del 1990, l’Assemblea ecumenica mondiale di Seul, cioè i rappresentanti di tutte le confessioni cristiane, pubblicarono insieme un documento intitolato appunto “Pace, giustizia e salvaguardia del creato”.
Insieme riconobbero che oggi la credibilità dell’annuncio cristiano passa attraverso l’impegno concreto per la pace, la giustizia e la salvaguardia del creato. Non si può separare l’annuncio di Cristo risorto e salito al cielo dalla ricerca di questi beni. Abbiamo sentito le prime parole di Papa Leone XIV appena eletto, dedicate a una pace disarmata e disarmante, così come ricordiamo l’enciclica di Papa Francesco Laudato si’ di dieci anni fa, ma non basta che siano i Papi a parlare di queste cose: attendere il ritorno di Cristo salito al cielo significa impegnarsi per “le cose di quaggiù”, della terra, di quella terra che Dio ci ha affidato perché la abitiamo con responsabilità.
Meditazione Ascensione 01/06/2025
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