Meditazione Epifania del Signore 06/01/2024

Celebriamo la festa dell’Epifania, cioè della manifestazione del Signore. La seconda lettura, tratta dalla lettera agli Efesini, sintetizza così questa rivelazione: «Le genti sono chiamate, in Cristo Gesù, a condividere la stessa eredità, a formare lo stesso corpo e ad essere partecipi della stessa promessa per mezzo del Vangelo».
Le “genti” o i “gentili”, per gli ebrei come San Paolo, erano tutti i popoli non ebrei. C’era sempre stata una separazione netta tra ebrei e non ebrei, perciò era davvero sorprendente, inaudito, perfino scandaloso che anche i non ebrei (impuri per definizione) dovessero ricevere gli stessi beni che gli ebrei aspettavano da secoli: «condividere la stessa eredità, formare lo stesso corpo ed essere partecipi della stessa promessa».
L’episodio dei Magi, nel Vangelo secondo Luca, rappresenta un’anticipazione: sono i primi non ebrei a riconoscere la divinità di Gesù e ad adorarlo; un giorno tutte le genti lo riconosceranno come Signore, come hanno fatto loro.
Questa chiamata all’unità a volte è stata interpretata come necessità di uniformità, mentre oggi siamo forse più consapevoli che la ricchezza del mistero è talmente grande che non si può esaurire in una sola forma espressiva. Solo per fare un esempio, nella Chiesa cattolica ci sono ben diciotto riti liturgici approvati, per la maggior parte orientali: diciotto modi diversi di celebrare la Messa e gli altri sacramenti, tutti ugualmente validi.
Soprattutto i cattolici africani e asiatici chiedono da tempo con insistenza di poter esprimere l’unica fede con modalità proprie delle loro culture. Ovviamente non tutto è compatibile con la fede cristiana: ogni cultura dev’essere assunta, purificata ed elevata, con un processo che può richiedere molto tempo.
La solennità di oggi però ci dice che le genti, i popoli “lontani”, non vengono alla casa di Betlemme a mani vuote: vengono a ricevere il dono più grande, ma offrono anch’essi i loro doni, doni che il Bambino accoglie.
Oggi però la lontananza geografica non è più così importante come lo era duemila anni fa: le lontananze che ci dividono maggiormente sono quelle culturali e di mentalità. È estremamente facile che la diversità si trasformi in contrapposizione e che questa degeneri in violenza verbale, e non solo. Non occorre una grande intelligenza né una grande cultura per svalutare, ridicolizzare e denigrare chi la pensa diversamente: è sufficiente una certa dose di aggressività.
Invece occorre quella che il Nuovo Testamento chiama “magnanimità”, cioè grandezza d’animo, per cogliere quel che di vero e di buono c’è in chi è diverso da me. Ovviamente questo non significa che si possa essere sempre d’accordo con tutti su tutto, ma anche chi viene da lontano (non necessariamente in termini di distanza fisica) può portare nel suo scrigno un dono che ci può arricchire.
I Magi venivano da lontano e poi tornarono al loro Paese senza essere battezzati, eppure la Chiesa li venera come santi e le loro reliquie sono conservate nel Duomo di Colonia, nella Basilica di Sant’Eustorgio a Milano e presso la chiesa di San Bartolomeo a Brugherio. Al di là dell’autenticità di queste reliquie e della leggenda che li vuole martiri a Gerusalemme, riconoscere la santità di questi “pagani” (molto probabilmente zoroastriani) significa anche rispettare e onorare le molteplici vie che Dio percorre per attirarci a sé. Rispettare e onorare le scintille di verità che lo Spirito Santo ha diffuso nel mondo. Rispettare e onorare ogni persona, perché tutti siamo chiamati in Cristo a «condividere la stessa eredità, formare lo stesso corpo ed essere partecipi della stessa promessa».


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