Meditazione Venerdì Santo 29/03/2024

Nella messa del giovedì santo abbiamo contemplato la volontà di Gesù di entrare nella sua passione: è stata una sua libera scelta, compiuta per amore, accogliendo la volontà di Dio. Ma celebrando i riti del venerdì santo – via crucis, lettura della passione e adorazione della croce – si fanno più urgenti le domande che dovrebbero nascere spontanee: era proprio necessario che Gesù soffrisse così? A quale scopo? Davvero è stato Dio a volere tutta questa sofferenza?
Ribadisco che Gesù non ha spiegato queste cose, ma le ha vissute: le spiegazioni sono venute dopo come tentativo da parte nostra di comprendere la profondità e il senso di quegli avvenimenti straordinari. Lungo i secoli sono state date risposte diverse e forse non saremo mai in grado di afferrare tutta la ricchezza di ciò che è accaduto.
Fino a pochi decenni fa si riteneva che fosse necessaria la morte di un Dio per riparare l’offesa (il peccato) fatta a Dio: erano tempi in cui per motivi di onore i maschi si sfidavano a duello, ma solo se erano entrambi nobili. In quella cultura si era pacificamente convinti che fosse necessaria un’espiazione adeguata all’offesa per soddisfare la giustizia divina.
Oggi quasi nessuno la pensa così: più che un’offesa alla infinita maestà di Dio il peccato lo consideriamo come qualcosa che fa male a noi, all’umanità. L’odio, la violenza, la sopraffazione, l’ingiustizia, l’egoismo e tutti i volti del male richiedono non solo che siamo perdonati, ma che siamo redenti, salvati, cambiati dal di dentro, tirati fuori dal male: santificati. Ma come si può realizzare questo?
Dio non ha voluto annientare il male sterminando i cattivi, anche perché di “pochi ma buoni” ne sarebbero rimasti pochissimi, come ai tempi di Noè, e quei pochissimi sarebbero poi vissuti come schiavi nella paura, non come figli nell’amore. Dio ha voluto salvarci dal male attirandoci a sé con una prova di amore inequivocabile: «Quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me» (Gv12,32), dice Gesù. Vediamo nel Crocifisso le conseguenze di tutti i nostri peccati: l’avidità di Giuda, l’invidia dei farisei, la gelosia dei sommi sacerdoti, l’attaccamento al potere di Pilato, la codardia dei discepoli, l’ottusità della folla manipolata, la violenza dei carnefici e perfino la crudeltà gratuita dei passanti… Nei peccati dei protagonisti di allora riconosciamo facilmente anche i nostri, ma Gesù muore perdonando perché gli uomini «non sanno quello che fanno». Contemplando lo strazio generato dal peccato e l’amore con il quale il Signore risponde al male che gli viene inflitto, sentiamo in noi la chiamata a ripudiare ogni forma di peccato e a corrispondere al suo amore.
Dio non ci salva “per decreto”, dichiarandoci buoni anche se non lo siamo, ma guarendo la nostra libertà e attirandoci al bene con la contemplazione di Gesù che ama oltre ogni limite.
Quante volte ci siamo chiesti perché Dio permetta il male nel mondo: come può essere buono e onnipotente se non fa niente per fermare il male? Lo immaginiamo al di sopra di noi e lo sospettiamo di indifferenza ai nostri drammi. Invece, in Gesù, Dio ha scelto di diventare vittima del male e del peccato per cambiare il nostro cuore e guarirci dall’interno.
Non Dio ha avuto bisogno del sangue e del dolore di Gesù per perdonarci, ma la durezza del cuore degli uomini ne ha avuto bisogno per credere all’amore di Dio.


Pubblicato

in

da

Tag: